Il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, nell’esprimere il dolore per la scomparsa di Gianni Vattimo – filosofo tra i più importanti del Novecento – ne ricorda l’originale riflessione sul pensiero gioachimita, esposta nell’intervento al 6° Congresso di studi gioachimiti svoltosi a San Giovanni in Fiore nel 2004, nelle Lezioni newyorkesi, ribadita in tanti altri suoi scritti.
Tale riflessione – nell’ambito dei suoi ineludibili studi su Nietzsche ed Heidegger – si inseriva nella sua più generale posizione filosofica, universalmente conosciuta come “pensiero debole”, posizione che trova espressione in un testo scritto insieme a Pier Aldo Rovatti e che tanta eco ebbe a livello accademico e di opinione pubblica.
“Debole – scrive Antonio Gnoli nella Introduzione agli Scritti filosofici e politici di Vattimo – non vuol dire arrendevole. Come se fosse un soggetto che cede al sopruso o alla minaccia di una forza avversa. Debole toglie peso ai concetti, ne diluisce la densità. Significa, già nell’atteggiamento mentale, ospitare, raccogliere, curare ciò che resta dello smarrimento dopo una deflagrazione concettuale. Più che alla conclusione di una lunga vicenda storica, che avrebbe un inevitabile tono apocalittico, Vattimo guarda a una nuova partenza legata al valore della carità cristiana. La caritas è un principio debole, con la forza del gesto liberatorio. Liberi da che cosa? Innanzitutto dal presupposto che ci possa essere un’origine che ci vincoli a un’unica scelta.”
In quest’ottica, che fa i conti con la fine della metafisica, Vattimo incontra Gioacchino da Fiore e così nelle Lezioni newyorkesi parla dell’ abate di Fiore:
“L’attualità degli insegnamenti di Gioacchino ci appare legata alla fondamentale «scoperta» della storicità costituiva della rivelazione, che noi facciamo corrispondere al carattere eventuale dell’essere a cui perviene la filosofia post-metafisica. Questa «scoperta», inutile sottolinearlo ancora, ha in filosofia gli stessi caratteri della profezia della terza età in Gioacchino: la fine della metafisica è un evento che si annuncia, che chiede di essere riconosciuto e, così, anche promosso e messo in atto, o almeno esplicitato più chiaramente nel suo significato di filo conduttore per le nostre scelte. I segni dell’approssimarsi della terza età, che oggi noi chiamiamo l’epoca della fine della metafisica, non sono ovviamente per noi gli stessi di cui parlava Gioacchino. Ma quanto al significato fondamentale dell’età dello Spirito – non più la lettera, ma lo spirito della rivelazione; non più servi, ma amici; non più il timore o la fede, ma la carità; e forse anche non più l’azione, ma la contemplazione – il testo di Gioacchino ci fa ancora da guida, e possiamo persino azzardarci a pensare che il lungo processo di secolarizzazione che ci separa dall’epoca storica dell’abate calabrese sia stato un adempimento di condizioni che avvicinano l’avvento della terza età”.
Ma Vattimo ha in qualche modo segnato anche la vita politica di San Giovanni in Fiore, quando nel 2005 un gruppo di giovani intellettuali intese proporre la sua candidatura a Sindaco della città, candidatura in un comune di quella Calabria che aveva dato i natali al padre. La sua generosa disponibilità nell’accettare la candidatura voleva essere un contributo – prezioso e non compreso sino in fondo – teso a combattere quella che, a suo dire, era la «degenerazione intellettuale» che coglieva nella nostra comunità.
In questa direzione il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti – che nella sua quarantennale attività di pubblicazione delle opere di e su Gioacchino e nel prezioso lavoro di approfondimento e di divulgazione del pensiero dell’Abate, ha la sua ragion d’essere – ha sempre inteso opporsi, con le armi della conoscenza e del dialogo, a tale «degenerazione intellettuale», vuole oggi, pertanto, ricordare Gianni Vattimo e il suo “profilo di grande filosofo della differenza” (Roberto Esposito, la Repubblica 20-9-2023).