Il prof. Alessandro Ghisalbert, membro del Comitato scientifico del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, ha tenuto una relazione a Bagnoregio su “La teologia della storia in san Bonaventura“. Molta attenzione il relatore ha dedicato all’opera di Ratzinger sui rapporti di san Bonaventura con Gioacchino da Fiore.

“Il centro studi bonaventuriani di Bagnoregio ha costantemente valorizzato gli studi di Joseph Ratzinger su Bonaventura, in particolare il suo Presidente Letterio Mauro ha curato, come è noto, le due edizioni della traduzione italiana dello scritto San Bonaventura. La teologia della storia (1991, 2008). Inoltre, a Letterio Mauro dobbiamo un saggio pubblicato in Doctor Seraphicus, LXVII (2020), dal titolo Gli scritti bonaventuriani di Joseph Ratzinger, dove riprende le tematiche trattate nel testo di Ratzinger relative alla teologia della storia presenti negli scritti del periodo post-universitario di Bonaventura, sottolineando anche le divergenze di Bonaventura da Aristotele e dagli aristotelici parigini a proposito del concetto di temporalità, che da Bonaventura è visto in prospettiva escatologica e non di eternità del mondo.

Accanto all’accoglienza favorevole, ci sono state in precedenza reazioni critiche: una critica di fondo dell’opera di Ratzinger era stata avanzata da Henri de Lubac, nella sua controversa opera intitolata La postérité spirituelle de Joachim de Flore, in cui il gesuita francese sostiene che i riferimenti a Gioacchino sono stati sopravvalutati nel testo di Ratzinger, perché Bonaventura, nonostante alcune assonanze tematiche e linguistiche, non avrebbe mai sostenuto nessuna delle tesi dell’Abate calabrese. Per de Lubac le dottrine di Gioacchino sono tutte consequenziali alla sua visione eterodossa della Trinità, secondo la successione dei tre status appropriati alle tre persone divine, e portatrici di una altrettanto errata esegesi della sacra Scrittura. Critiche parziali alla lettura di Ratzinger sono venute da H. Stoevesandt e da G. Baget Bozzo: in riferimento alle critiche avanzate da questi autori, e più ancora, in riferimento al volume di de Lubac, ritengo che non sia stata adeguatamente recepita l’importante premessa metodologica di Ratzinger, che richiede il riconoscimento delle acquisizioni tematiche provenienti da opere autentiche di Gioacchino, mentre pare a noi che i riferimenti a Gioacchino illustrati nelle opere dei critici di Ratzinger soffrano di un pregiudizio ideologico; essi mancano di citare testi puntuali dell’Abate calabrese, pertanto non si confrontano con gli studi specialistici relativi alla tripartizioni della storia secondo la successione delle tre età, limitandosi a ripetere una generale accusa di eterodossia nei confronti di Gioacchino, che non è più validata dagli studiosi competenti. Voglio dire che Gioacchino non ha mai professato nei testi pervenutici una dottrina trinitaria eterodossa, pure attribuitagli già da alcuni autori del secolo XIII (ma non dal Concilio Lateranense IV, che ne riconobbe l’ortodossia di fondo); inoltre sembra che Bonaventura nelle Collationes in Hexaemeron non abbia mai dichiarato che la tripartizione trinitaria delle età della storia che andava esponendo fosse compromessa dai legami con una eresia teologica: per questo si può avanzare un’ipotesi, ossia che Bonaventura quando detta l’ultima sua opera abbia maturato una conoscenza puntuale dell’autentica dottrina trinitaria di Gioacchino e l’abbia di fatto accolta (senza invero fare dichiarazioni esplicite, a favore o contrarie), ritenendola perciò fondamentalmente coerente con quella della Chiesa romana.

Gli studi dell’ultimo cinquantennio sul pensiero e sulle opere di Gioacchino hanno documentato la presenza di una elaborazione del pensiero trinitario e della conseguente concezione della storia assai diversa da quella vulgata sinora, attraverso un’esegesi testuale approfondita delle opere dell’Abate calabrese, ormai in larga parte disponibili in edizione critica, per iniziativa del Centro internazionale di studi gioachimiti di San Giovanni in Fiore.

Se riprendiamo il percorso di Bonaventura, tracciato nella lettura di Ratzinger, vediamo che il legame di Bonaventura con Gioacchino comprende la dottrina della duplice serie dei tempi, la teoria dei due tempi legati ai due diversi popoli, la visione del tempo finale di pace e di piena intelligenza della Scrittura, la collocazione degli ordini monastici posti nel cammino finale della storia, con un ordine serafico alla fine dei tempi. Molto connessa con la visione della storia di Gioacchino appare anche la decisa convinzione espressa da Bonaventura che Cristo è il centro della storia, divergendo dalla tesi agostiniana del Cristo posto alla fine dei tempi.